talee marijuana

Quando si ha a che fare con talee derivanti dalla cannabis, ci si riferisce che a semplici rami recisi dalla pianta madre (pianta di marijuana in questo caso), i quali possono essere trapiantati per dar vita a dei cloni della pianta stessa, il tutto con lo scopo di preservarne il relativo patrimonio genetico.

Al giorno d’oggi sempre più apprezzata, la clonazione è la strada scelta da un numero crescente di coltivatori, ma vediamo perché.

Come ricavare e adoperare le talee

Come si diceva, la talea non è altro che un doppione ricavato da una pianta matura durante la sua fase vegetativa; è chiaro dunque che a tale funzione è meglio destinare un organismo robusto e in forma.

Il processo di produzione delle talee avviene dal canto suo attraverso la precisa recisione di uno o più dei rami della “produttrice”, seguita poi da un apposito processo volto al relativo sviluppo biologico dello stesso: se tutto procede come previsto il risultato sarà quello di ottenere altrettante piante di canapa a sua volta indipendenti, ma sempre identiche. Quindi oltre che robusto, come si anticipava, il vegetale di partenza deve anche possedere caratteristiche che si è intenzionati – o che comunque valga la pena – riprodurre; in questo caso la scelta dipenderà dagli scopi che si celano dietro alla coltivazione.

Per isolare e crescere una talea in forma e destinata ad essere a sua volta trapiantata serve: una pianta “madre” sana in fase vegetativa, delle lamette (o in alternativa forbici affilate), acuni cubetti di substrato per la radicazione (come la lana di roccia) e una “leggera” illuminazione idonea alle piantine giovani.

Partiamo dalla pianta madre. Dal momento in cui le caratteristiche genetiche verranno automaticamente ereditate attraverso la talea, per prima cosa bisogna accertarsi che il vegetale d’origine sia sano; anche quella di un’età eccessivamente avanzata è difatti una caratteristica fortemente sconsigliata nella selezione. In definitiva più sana sarà la porzione asportata, più velocemente questa radicherà e crescerà.

Una volta selezionata la fattrice, questa andrà abbondantemente innaffiata nelle ore immediatamente precedenti all’operazione, in questo modo gli innesti si presenteranno ben idratati e più resistenti allo shock. Bisogna poi provvedere ad un’asportazione chirurgica alla base del ramo selezionato, assicurandosi che la porzione asportata abbia almeno due nodi.

A questo punto le talee vanno adagiate nel substrato scelto (all’occorrenza trattato con appositi integratori e fertilizzanti come se si trattasse di iniziare una nuova coltura a partire dai semi). E’ inoltre ben noto che i cloni per prosperare abbisognino di temperature intorno ai 26 gradi, corredati da un umidità variabile tra il 75 e l’85%, indipendentemente dal substrato in cui vengono posti.

A patto di aver scrupolosamente rispettato le indicazioni su citate, e previa supervisione costante nel tempo, nel giro di due settimane più o meno le porzioni asportate dovrebbero essersi trasformate in vere e proprie piantine corredate da radici e pronte per essere trapiantate.

Da una comune pianta di cannabis può derivare in definitiva un numero variabile di innesti: il tutto dipende dalle sue dimensioni e dalla cura apprestatagli. Si potrà ottenere un numero maggiore di talee da una pianta matura, rigogliosa, opportunamente ramificata e alimentata dal giusto apporto di acqua e luce oltre che soggetta a periodiche potature selettive.

Pro e contro del ricorso alla clonazione

Perché il ricorso alle talee marijuana è considerato un procedimento preferibile ad una coltivazione tradizionale?

Prima di tutto perché detta pratica permette di accompagnare nello sviluppo piante dalle caratteristiche note (e presumibilmente anche precedentemente approvate ed apprezzate).
Applicato alla coltivazione della cannabis, una selezione di questo tipo significa non solo poter individuare a monte organismi vegetali dalla produzione qualitativamente e quantitativamente soddisfacente, ma banalmente assicurerebbe anche – e soprattutto – l’opportunità di crescere solo femmine; il che rappresenta un vantaggio non di poco conto perché in tal settore tra i due generi corre una differenza sostanziale: solo le piante femminili generano i fiori di marjuana, e per ottenere una talea femminile basta agire su una fonte che rispetta le caratteristiche genetiche richieste.

In secondo luogo va detto che il processo di formazione del vegetale è molto più celere in questo caso rispetto all’alternativa di partenza dalle sementa (i semi tra l’altro non sempre assicurano una conoscenza a monte dell’identità – prima di tutto sessuale – del futuro arbusto). Riduzione dei tempi relativi al compimento del ciclo vitale quindi, a cui va a sommarsi anche un discreto abbattimento dei costi di produzione correlati.

D’altra parte, trattandosi di una procedura minuziosa e certosina, la clonazione non si presta ai meno esperti; se si sta prendendo in considerazione di cimentarsi con questo tipo di attività, il consiglio per i neo-coltivatori è quello prendere confidenza almeno inizialmente con le colture tradizionali.

Infine se pur è vero che questo tipo di procedura si applica tanto alla produzione di marijuana a contenuto ridotto di THC che quella “normale”, va sottolineato che la coltivazione della Cannabis in Italia resta per lo più vietata dalla legge. Il suggerimento resta allora prima di tutto quello di attenersi alle norme previste in materia.