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Nell’immaginario comune, i videogiochi sono ancora considerati puro divertimento e, in alcuni casi, un modo poco salutare e intelligente di passare il tempo. Eppure, da qualche tempo a questa parte, in alcune zone del mondo almeno da una decina d’anni, i videogiochi sono ben più di un semplice passatempo: stiamo parlando degli eSport, ossia le competizioni professionistiche di videogiochi.

Il fenomeno è in rapida espansione, anche in Italia; sebbene si senta sempre più parlare di tornei e competizioni a livello mondiale con montepremi da capogiro, ancora si fa fatica a pensare a quello del gamer professionista come a un vero lavoro. Ma i fatti, e i numeri, dicono che è un errore grossolano.

Intanto, bisogna ricordare che l’industria dei videogiochi ha numero da capogiro: nel 2018 il mercato mondiale si è attestato sui 130 miliardi di dollari ma, come riportato da Calcio e Finanza, secondo Global Data entro il 2025 varranno 300 miliardi di dollari.

Niente male per un settore che, grazie ai progressi dell’informatica, ora sforna titoli sempre più simili a esperienze che a intrattenimento: sono ben lontani i tempi in cui un personaggio bidimensionale saltava di piattaforma in piattaforma, ora impugnare un joypad significa trovarsi di fronte o a simulazioni iperrealistiche o a mondi vivi del tutto realistici, con tanto di scelte etiche e morali da compiere durante il gioco.

In questo contesto si inserisce il ricco mondo degli eSports, che comprende migliaia di giocatori professionisti di tutto il mondo pronti a sfidarsi in competizioni che non hanno niente di meno, in quanto a denaro, spettatori e appeal, di una Champions League.

Le competizioni riguardano videogiochi famosi e altri meno noti al grande pubblico, ma comunque con un gran seguito di fan. Ovviamente, FIFA 19 è uno dei giochi che conta più competizioni e gamer; la Electronic Arts, casa produttrice del gioco di calcio più famoso al mondo, organizza le Global Series, che raduna ogni anno i videogiocatori più forti del mondo, che si sfidano in diversi tornei che culminano nella FIFA eWorld Cup (che si terranno nel luglio e agosto prossimi).

Ma sono tanti i videogiochi “da competizione”: League of Legends magari è un titolo poco noto al grande pubblico, i numeri raccontano che alla finale dei Worlds, tenutasi al Bejiing National Stadium, hanno assistito 73 milioni di spettatori. Altro gioco che attira moltissimi gamer professionisti, soprattutto in Occidente, è Counter-Strike: Global Offensive, così come Call of Duty, decisamente più famoso (alla Call of Duty World League ha partecipato la bellezza di 160 squadre) e Rainbow Six: Siege della casa videoludica Ubisoft: l’invitation di Montreal, in Canada, ha registrato il montepremi più alto nella storia degli eSports.

Insomma, per utilizzare una similitudine, tra gli eSports e il giocare con la Playstation in compagnia degli amici passa la stessa differenza che c’è tra la Serie A e il giocare il giovedì sera a calcetto con i colleghi.
Parliamo di un settore professionale, con team che si comportano come aziende e gamer che curano tutti gli aspetti della propria professione, dagli allenamenti alla comunicazione.

Come racconta all’Agi Daniele Ballini, confondatore di uno dei team più importanti, i Mkers, “la nostra giornata tipo è quella di un’azienda sportiva: con gli atleti vengono programmati allenamenti, rifiniture, studio delle tattiche, con i clienti e gli sponsor c’è un dialogo costante, con i partner si creano contenuti ad hoc per le loro pagine social”. I Mkers hanno sotto contratto circa 30 giocatori: niente male per un paese che, a differenza dell’Asia, all’America o altri paesi europei, il fenomeno è ancora più sviluppato (e da più tempo).

Il settore degli eSports è comunque in crescita enorme, tanto che qualche tempo fa si è parlato di Olimpiadi: esclusi ufficialmente da Parigi 2024, gli appassionati e gli addetti ai lavori sperano che prima o poi riusciranno a finire tra i giochi olimpici.

Tuttavia, FIFA 19 sarà parte degli European Games Minsk 2019, che si terranno nella città bielorussa dal 21 al 30 giugno prossimi. Pur non essendo inclusa nel programma ufficiale, ma solo in quello culturale, FIFA 19 sarà comunque parte di un evento legato alle Olimpiadi (molte competizioni varranno come qualifiche per le prossime Olimpiadi). “Abbiamo scelto FIFA 19 perché incarna i valori olimpici” ha detto il direttore delle comunicazioni della Federazione Cybersport bielorussa. Scott Gillingham, capo del settore gaming ed eSports di Intel UK, ha riferito di un dialogo tra l’azienda e il CIO, che però ha delle riserve legate alla violenza di alcuni videogiochi.

Olimpiadi o no, gli eSports sono in crescita e attirano sempre più attenzione. Non è un caso infatti se che i principali bookmakers del mercato hanno sempre più fiducia nel loro successo: si scommette sempre di più anche sugli eventi di sport digitale e non mancano le possibilità di puntare su questo o quel campione.

A proposito di campioni, anche l’Italia ha i suoi: tra i migliori gamer azzurri troviamo Ettore Giannuzzi, “Ettorito 97”, campione di Pes (Pro Evolution Soccer), Lorenzo “Trastevere73” Daretti, più volte campione mondiale di MotoGP, Giorgio “Pow3r” Calandrelli, fuoriclasse di Fortnite, il campione di Starcraft 2 Riccardo “Reynor” Romiti e Fabio Denuzzo, esperto di FIFA.

Anche la Polonia conosce bene il fenomeno degli eSports: lo scorso marzo, a Katowice, si è tenuto un torneo di Fortnite da 500mila dollari, con ben 23 squadre partecipanti. Ma non è tutto: a febbraio la Ekstraklasa ha annunciato la creazione del campionato eSport polacco su FIFA 19 in collaborazione con la Electronic Arts.

Gli eSports, dunque, sono tutt’altro che un ritrovo per nerd incalliti, ma un mercato in crescita che può dare un contributo all’economia locale: basti pensare che questi eventi registrano spesso il tutto esaurito e attirano appassionati in ogni parte del mondo.

Dunque, bisogna prendere sul serio gli eSports? Visti i numeri, le cifre che circolano (molti gamer sono milionari, ricercati dalle aziende, influencer e testimonial) e le persone che attirano, la risposta non può essere che sì. È il momento di considerare i videogiochi ben più di un passatempo, ma un’industria solida che può diventare un veicolo di crescita economica.